Giò Ponti - Sedia prototype
AS0019
€ 2.950,00
Il prototipo di questa straordinaria sedia rappresenta un incontro magico tra l'ingegno creativo di Giò Ponti e l'abilità artigianale di Emilio Boga. Realizzata con la pregiata radica di noce nazionale ed ebano, ogni dettaglio di questa creazione parla di maestria e bellezza senza tempo. Nella sua semplicità, la sedia trasmette un senso di eleganza e raffinatezza uniche. La radica di noce conferisce calore e profondità al design, mentre l'ebano aggiunge un tocco di lusso e mistero. Ogni linea, ogni curva è stata studiata con cura per creare un equilibrio perfetto tra forma e funzione. Questo prototipo è più di una semplice sedia: è un'opera d'arte, un simbolo di creatività e passione. È l'incarnazione di una visione condivisa tra un grande designer e un abile artigiano, un testimone del genio umano e della sua capacità di trasformare la materia in bellezza.
Quantità
Ne restano solo: 8
INFO DI PRODOTTO
Dimensioni: 48x48x91h cm
Materiale: ebno, radica, noce nazionale
Lastronata, non impiallacciata
Seconda metà del ventesimo secolo
Disponibilità: 8 pezzi
SPEDIZIONE
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INFORMAZIONI SUL DESIGNER
«Gli italiani sono nati per costruire. Costruire è il carattere della loro razza, la forma della loro mente, la vocazione e l'impegno del loro destino, l'espressione della loro esistenza, il segno supremo e immortale della loro storia.»
(Gio Ponti, Vocazione architettonica degli italiani, 1940)
La sedia "Superleggera", disegnata da Ponti nel 1955 per Cassina
Figlio di Enrico Ponti e Giovanna Rigone, Gio Ponti si laureò in architettura presso l'allora Regio Istituto Tecnico Superiore (il futuro Politecnico di Milano) nel 1921, dopo aver sospeso gli studi durante la partecipazione alla Prima Guerra Mondiale. Nello stesso anno sposò la nobile Giulia Vimercati, di antica famiglia brianzola, dalla quale ebbe quattro figli (Lisa, Giovanna, Letizia e Giulio).
Anni venti e trenta
Casa Marmont a Milano, 1934
Palazzo Montecatini a Milano, 1938
Inizialmente, nel 1921, aprì uno studio insieme agli architetti Mino Fiocchi ed Emilio Lancia (1926-1933), per poi passare a collaborare con gli ingegneri Antonio Fornaroli ed Eugenio Soncini (1933-1945). Nel 1923 partecipò alla I Biennale delle Arti Decorative tenutasi all'ISIA di Monza e successivamente fu coinvolto nell'organizzazione delle varie Triennali, sia a Monza che a Milano.
Negli anni '20 Richard Ginori inizia la sua attività di designer nel settore ceramico, rielaborando nel complesso la strategia di design industriale dell'azienda; con le sue ceramiche vinse il “Grand Prix” all'Esposizione Internazionale delle Arti Decorative e Industriali Moderne di Parigi nel 1925 [. In quegli anni la sua produzione si basò maggiormente su temi classici, mostrandosi più vicino al movimento Novecento, esponente del razionalismo. Negli stessi anni iniziò anche la sua attività editoriale: nel 1928 fondò la rivista Domus, rivista che diresse fino alla morte, tranne nel periodo 1941-1948 in cui fu direttore di Stile. Insieme a Casabella, Domus rappresenterà il centro del dibattito culturale sull'architettura e il design italiano della seconda metà del Novecento.
Servizio da caffè "Barbara" disegnato da Ponti per Richard Ginori nel 1930
L'attività di Ponti negli anni Trenta si estese all'organizzazione della V Triennale di Milano (1933) e alla realizzazione di scene e costumi per il Teatro alla Scala. Ha partecipato all'Associazione per il Disegno Industriale (ADI) ed è stato tra i sostenitori del premio Compasso d'Oro, promosso dai grandi magazzini La Rinascente. Ricevette, tra l'altro, numerosi premi nazionali e internazionali, diventando infine professore di ruolo presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano nel 1936, cattedra che mantenne fino al 1961 [citazione necessaria]. Nel 1934 l'Accademia Italiana gli conferì il "Premio Mussolini" per le arti.
Nel 1937 commissionò a Giuseppe Cesetti la realizzazione di un grande pavimento in ceramica, esposto all'Esposizione Universale di Parigi, in una sala dove sono presenti anche opere di Gino Severini e Massimo Campigli.
Anni Quaranta e Cinquanta
Nel 1941, durante la Seconda Guerra Mondiale, Ponti fonda la rivista di architettura e design del regime fascista STILE. Nella rivista dichiaratamente favorevole all'asse Roma-Berlino, Ponti non manca di scrivere nei suoi editoriali commenti come "Nel dopoguerra l'Italia ha compiti enormi... nei rapporti con il suo alleato esemplare, la Germania", " i nostri grandi alleati [la Germania nazista] ci danno un esempio di applicazione tenace, molto seria, organizzata e ordinata» (da Stile, agosto 1941, pag. 3). Stile, durerà alcuni anni e si chiuderà dopo l'invasione anglo-americana dell'Italia e la sconfitta dell'Asse italo-tedesco. Nel 1948 Ponti riapre la rivista Domus, di cui rimarrà direttore fino alla morte.
Nel 1951 entra a far parte dello studio, insieme a Fornaroli, l'architetto Alberto Rosselli [9]. Nel 1952 fonda con l'architetto Alberto Rosselli[10] lo studio Ponti-Fornaroli-Rosselli. Qui iniziò il periodo di più intensa e fruttuosa attività sia nel campo dell'architettura che del design, abbandonando i frequenti legami con il passato neoclassico e concentrandosi su idee più innovative.
Anni Sessanta e Settanta
Tra il 1966 e il 1968 collabora con la società di produzione Ceramica Franco Pozzi di Gallarate.
Il Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma conserva un fondo dedicato a Gio Ponti, composto da 16.512 schizzi e disegni, 73 modelli e maquette. L'archivio Ponti[10] è stato donato dagli eredi dell'architetto (donatori Anna Giovanna Ponti, Letizia Ponti, Salvatore Licitra, Matteo Licitra, Giulio Ponti) nel 1982. Questo fondo, il cui materiale progettuale documenta le opere realizzate dal designer milanese a partire dagli anni '20 fino agli anni '70 è pubblico e accessibile.
Gio Ponti muore a Milano nel 1979: riposa nel cimitero monumentale di Milano. Il suo nome ha meritato l'iscrizione nel famedium dello stesso cimitero.
Stile
Gio Ponti ha disegnato moltissimi oggetti nei campi più svariati, dalle scenografie teatrali, alle lampade, alle sedie, agli oggetti da cucina, fino agli interni dei transatlantici. Inizialmente nell'arte della ceramica il suo design rifletteva la Secessione viennese [citazione necessaria] e sosteneva che la decorazione tradizionale e l'arte moderna non erano incompatibili. La sua riconnessione e valorizzazione dei valori del passato trovò sostenitori nel regime fascista, incline a salvaguardare l'"identità italiana" e a recuperare gli ideali del "romanesimo", che poi si espresse pienamente nell'architettura con il neoclassicismo semplificato di Piacentini. Macchina da caffè La Pavoni, progettata da Ponti nel 1948 Nel 1950 Ponti iniziò a cimentarsi nella progettazione di "pareti attrezzate", cioè intere pareti prefabbricate che permettessero di soddisfare esigenze diverse, integrando dispositivi e apparecchiature fino ad allora autonomo. Ricordiamo Ponti anche per il progetto della seduta "Superleggera" del 1955 (prodotta da Cassina), realizzata a partire da un oggetto già esistente e solitamente artigianale: la Sedia Chiavari, migliorata nei materiali e nelle prestazioni. Nonostante ciò, Ponti costruì nel 1934 la Scuola di Matematica nella città universitaria di Roma (una delle prime opere del Razionalismo italiano) e nel 1936 il primo degli edifici per uffici Montecatini a Milano. Quest'ultimo, dalle caratteristiche fortemente personali, risente della vocazione dell'architetto come progettista nei dettagli architettonici, di raffinata eleganza. Negli anni Cinquanta lo stile di Ponti si fa più innovativo e, pur rimanendo classico nel secondo palazzo per uffici di Montecatini (1951), si esprime pienamente nel suo edificio più significativo: il Grattacielo Pirelli di Piazza Duca d'Aosta a Milano (1955 -1958). L'opera si articolava attorno ad una struttura centrale progettata dal Nervi (127,1 metri). L'edificio appare come un'esile e armoniosa lastra di cristallo, che taglia lo spazio architettonico del cielo, disegnato su un'equilibrata cortina muraria e i cui lati lunghi si restringono in quasi due linee verticali. Quest'opera, pur con il suo carattere di “eccellenza”, appartiene di diritto al Movimento Moderno in Italia.
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